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Avevamo programmato questa intervista da lungo tempo, Alexis mi aveva chiesto di incontrarci così, in maniera informale, come due amici che dopo tanto tempo si incontrano e vuotano il sacco raccontando. Mi sono documentata sulle sue esperienze. E un atleta di professione con lunghe esperienze negli Stati Uniti, è testimonial di una prestigiosa azienda americana di abbigliamento sportivo, (Nike,ndr) ha la sua base a Santa Margherita Ligure e studia legge. Decido di indurlo a parlare a ruota libera, di vuotare quel sacco di esperienze, quel lungo viaggio come spesso lui, ama ripetere. Innanzitutto come mai qui a Roma? Negli Stati Uniti in quel periodo, esistevano due sole Academy di Tennis in grado di preparare atleti alle competizioni professionistiche: Harry Hopman, (mago della squadra Australiana che vinse la Coppa Davis,ndr) e Nick Bollettieri (inventore di campioni mondiali quali: Andre Agassi, Jimmy Arias, Jim Courier, Pete Sampras, Anna Kournikova, Monica Seles,ndr). Decisi di andare per grado e di propormi allenatore da Harry Hopman a Saddlebrook (resort a nord di Tampa, Florida, nrd). Saddlebrook è un bellissimo resort di livello alto, con campi da Tennis, Golf e Calcio, immerso in tantissimo verde, con appartamenti ed alberghi intorno a laghi e piscine. Feci un provino nel campo principale e iniziai la mia esperienza. Mi ricordo ancora la felicità per quelle magliette del Team, sentivo dentro di aver preso la strada giusta. Il lavoro consisteva allinizio nel supportare nei campi alcuni Coach dellAcademy gestendo gli allenamenti dei ragazzi secondo le loro indicazioni. Non cera molta possibilità di intervenire tecnicamente perché quello era un compito riservato a loro. In campo eravamo sempre in cinque, un istruttore e quattro allievi. Il livello di Tennis era medio-alto, diciamo equivalente alla nostra serie B. Cerano moltissimi ragazzi e ragazze straniere e molti orientali, La maggior parte di loro giocava nei campionati universitari, vero bacino di futuri campioni. Alle 5 del pomeriggio si finiva il lavoro sui campi e rimaneva tempo per un bagno o per le sessioni di pesi. Una sera ero su un campo da Tennis a provare una nuova macchina lanciapalle. Un tipo computerizzato che gestiva le direzioni, le rotazioni e le routine. Vicino a me sentivo un signore incitare una piccola ragazzina con i capelli lunghi biondi che giocava davvero bene. Quel signore ad un certo punto venne da me e si presento: Piacere sono Jim Pierce. Vedendo il mio pass dellAcademy, comprese che facevo parte del Team Hopman. Dopo alcuni convenevoli, mi chiese se volessi giocare con la figlia. Dissi di sì. La ragazzina, magretta e tenera era Mary Pierce, giocatrice oggi tra le prime cinquanta al mondo. Subito ci fu intesa, giocammo e si discusse su alcune problematiche tecniche. Mary era potente ma elaboriosa, giocava un Tennis sempre uguale e non anticipava abbastanza per prendere il tempo sullavversario. Era giovane, circa dodici anni. Jim mi prese a cuore e io loro, mi invitò a casa e cenammo tutti assieme. Conobbi la mamma francese e il fratello, anche lui tennista. Jim sorseggiando un whisky mi fece vedere la sua collezione di armi, tutte Magnum enormi. Ero un po preoccupato ma poi capii: Jim era un orefice! Al termine della piacevole serata ero esausto, il continuo tradurre ogni singolo discorso mi stanco molto. Ci salutammo. Il giorno dopo ripresi il mio consueto lavoro e vidi ancora i Pierce nella serata. Giocammo assieme e Jim mi propose di seguire la figlia. Passarono alcuni mesi di duro lavoro, Mary era instancabile, aveva una forza straordinaria e picchiava duro su ogni palla. Chiesi a Jim qualche cesto di palline nuove. Si presentò il giorno dopo con 300 palline. Arrivo il tempo di tornare in Italia, per fare stagione a Santa Margherita Ligure. Jim mi propose di seguire Mary sempre con vitto e alloggio e soldi in caso di vincite. Ero convinto che fosse un talento ma decisi di tornare. Oggi pensandoci, avrei potuto forse accettare. Trascorso
il periodo estivo ero sempre più attratto da quel tipo di Tennis.
A Santa Margherita si facevano molte lezioni ma di livello principianti.
Non mi sentivo soddisfatto pienamente di me stesso. Tornai in America
con volo su New York, proprio il giorno della famosa maratona. Vidi nuovamente
Javer che abitava lì. Parlammo insieme delle esperienze fatte e
della voglia di continuare a crescere. Decisi subito di provare ad entrare
nella Nick Bollettieri Tennis Academy. Non fù per niente facile,
cera molta chiusura e poi un Italiano che arriva non garantiva grandi
qualità sul livello professionale. Riuscimmo a fissare un incontro,
un esame. Mi fu di grande aiuto la passata esperienza dallacademy di
Harry Hopman che nutre una profonda considerazione da Bollettieri nonostante
fosse un temibile concorrente. Avevo già una predisposizione molto tecnica dellinsegnamento. Il Bollettieri pensiero era quello di sottoporre gli atleti ad una forte pressione mentale per verificare quali di loro fossero in grado di superarla per un naturale processo selettivo. Capii poi che prima di imporre una impostazione tecnica era necessario portare gli atleti ad una condizione atletica, mentale e di pratica di notevole qualità. Un processo che poteva durare anche diversi mesi. Ma io ero già pronto per la seconda parte, quella dei supervisori tecnici. Ne parlai con Gabriel Jaramillo, un ragazzo colombiano direttore dellAcademy. Giocava ad buon livello pieno di rotazioni e tutto avanti. Dissi a Gabriel che non ritenevo utile continuare ad urlare solo frasi di incitamento e che i ragazzi che avevo sotto necessitavano di impostazioni tecniche e non solo urli. Il mattino seguente al solito Briefing (riunione in cui lequipe si ritrova per stabilire lordine del giorno ed analizzare il lavoro svolto,ndr) dopo una ricca colazione di pankakes con sciroppo di acero, una vera squisitezza, Gabriel prese parola di fronte ai 40 tecnici dellequipe. Ragazzi, ieri ho avuto un piacevole colloquio con Enrico disse indicandomi e continuo: Lui viene da Hopman e ha esperienza, mi ha illustrato il suo pensiero sul fatto che alcuni di voi pensino troppo ad urlare e poco a insegnare. Ha ragione. La nostra missione è quella di dare impostazioni tecniche e non solo stimoli. Vi prego di considerare con la massima attenzione questo suggerimento a tutti noi. Grazie Enrico. Rimasi davvero colpito da questo gesto, dentro ero fierissimo, gongolavo di soddisfazione e mi sentivo lusingato. Imparai la mentalità di lavoro americana: ascoltare le idee e pensieri altrui e essere in grado di riconoscerne le qualità per migliorare se stessi. Purtroppo non fu solo lunica cosa che capii. Quellazione di Gabe (soprannome di Gabriel,ndr) mi aveva fatto invidiare da buona parte dellequipe, soprattutto dai più anziani. Passarono momenti difficili, per fortuna avevo amico Josè, mi fece i complimenti e mi confidò di non aver mai ascoltato prima Gabe fare quelle considerazioni. Nel frattempo arrivò il periodo Natalizio, e insieme alle feste, anche molti italiani per le classiche due settimane di Tennis a cavallo del fine anno. Ebbi lincarico di seguirli e nacquero amicizie. I rapporti con la Nick Bollettieri Tennis Academy si intensificarono, prendemmo accordi e diventai Marketing Representative per lItalia. Questo incarico era il punto di contatto tra gli aspiranti atleti e lAcademy. Dalle semplici informazioni dei prezzi alle selezioni tecniche per partecipare al Full Time Programe, (un corso di Tennis a lunga durata, ndr). Al ritorno in Italia feci larga promozione di questo mio nuovo incarico. Seppi poi che in forma non contrattuale, lAcademy di Bollettieri aveva un punto di riferimento anche nel sud, precisamente a Capri. Nacquero alcune incomprensioni come è normale in questi casi con le solite ragioni: quando si tocca il giardinetto altrui tutti diventano irascibili. Poi la IMG (International Management Group, ndr) che aveva acquisito i diritti del marchio Bollettieri, decise di aprire filiali in giro per il mondo, compresa lItalia. Tante academy specchio, questo era il progetto. Mi dimostrai contrario a questa idea. Ero sicuro che laria che si respirava a Bradenton non poteva essere ripetuta in nessun altro luogo. E poi non cera sufficiente garanzia e tempo a mio parere, per preparare tecnici professionalmente impeccabili per dirigere queste sezioni secondo laltissimo livello tecnico che da Bollettieri era la consuetudine. La filiale italiana mi vide molto contrapposto con Lino Ballardini, manager a Monza che acquistò i diritti di Bollettieri per lItalia. La struttura in se era perfetta, purtroppo per tanti motivi, comprese le mie perplessità che poi si dimostrarono fondate, chiuse dopo poco tempo. Nel frattempo ero stato nominato Marketing Representative per lEuropa con esclusione di Italia e Spagna, inviai molti atleti da Bollettieri a Bradenton e mi fece piacere rivedere in campo alcuni di loro nel mio successivo ritorno da Nick. Una sera al Rec (Recreational Center, una sorta di pub/locale dove i ragazzi si trovano in compagnia la sera allinterno dellAcademy, ndr) mentre aspettavo il mio turno per il solito torneo di Ping-Pong, mi si avvicino un omone abbronzato e pieno di collane doro. Jim dissi. (Jim Pierce, padre della campionessa Mary,ndr) Ci salutammo con affetto e vidi Mary, era diventata grande e molto carina. Fu piacevole rivederli. Mi raccontarono che erano andati via da Hopman perché a loro dire, non si sentivano abbastanza seguiti. Avevano fissato un accordo con Nick Bollettieri in persona per entrare nel Travelling Team. Questa sezione era dedicata a quei giocatori che rientravano nelle liste della ATP (classifiche mondiali, ndr) o che avevano un bagaglio tecnico talmente alto da poterci rientrare. Non furono molto teneri neanche con Nick Bollettieri. Era il tempo dellesplosione di Andre Agassi, con tutto limpegno di management che questo comportava. Cera inoltre Monica Seles ormai pronta per entrare nel circuito professionistico. Jim voleva a tutti i costi che Nick seguisse Mary personalmente. Questo era abbastanza difficile in quel momento per lenorme risorsa di energie che Agassi necessitava. Mi chiese di seguire Mary personalmente. Iniziammo così dopo il normale allenamento in Academy, a giocare assieme, dopo le cinque sui nuovi campi in terra verde, proprio vicino allingresso. In seguito per evitare gelosie da parte di altri istruttori più anziani di me, decisi con Jim di allenarci al di fuori dellAcademy. Mary era molto migliorata, il maggiore peso acquisito si sentiva sulla palla, tuttavia non aveva ancora imparato a variare il suo gioco. Inoltre basava tutti i suoi colpi sulla pressione mentre io la esortavo a ridurla leggermente a favore dellanticipo. In quel periodo passavo molte ore tra i tendoni lato campo, a spiare Nick Bollettieri nelle sessioni chiuse a tutti, dove lavorava da solo o con Gabe su Monica Seles. Furono pomeriggi molto utili sul piano professionale. Nick era molto calmo ma deciso nellinsegnare. Pignolo sino allossessione, voleva la perfezione e riprovava mille volte ogni singolo pezzo di gesto. Monica ancora molto giovane, ripeteva senza esitazioni. Mi ricordo un pomeriggio la vidi arrivare con la bambola in braccio e la racchetta. Rimase tutto il pomeriggio da un lato di risposta del campo a ricevere la battuta di Gabe, eseguita dalla rete a metà campo, e rispondere sia di diritto che di rovescio. Ogni singolo colpo
era motivo per Nick di insegnare e discutere sui singoli dettagli. Vedendo
quelle immagini e respirando laria sportiva, già sognavo
una Academy con il mio nome dove poter svolgere la professione secondo
le mie idee. Più trascorreva il tempo e più incameravo dati
ed idee tecniche. Poi elaboravo alcune miei concetti in base ai punti
di vista personali, alle esperienze che ebbi occasione di approfondire
seguendo Jack Groppel e le sue sessioni mentali, Peter Burwash, la scuola
spagnola di Alvaro, il grandissimo Louis Cap che giocò in Coppa
Davis e Dennis Van Der Meer. Io sono convinto che sia necessario per gli atleti che cercano di migliorare il proprio bagaglio tecnico, di approfondire in maniera molto precisa, quasi maniacale, ogni singolo settore di gesto. La racchetta entra sul segmento creato dalla palla, deve rimanerci e poi uscire secondo le proprie necessità date da quello scambio. Molte volte entra ed esce talmente veloce dalla linea della palla che non si riesce neanche a dirle: Dove voglio mandarti, come e con quali effetti. Il mio principio è proprio quello di acquisire questo concetto e di differenziare la gestualità nella fase dellingresso, dove si contrae il muscolo per accellerare, nella fase dello stare, la più delicata, dove si spende sulla palla in pratica quello che si è creato prima, e la fase in uscita, lultima, dove si inseriranno gli effetti sulla palla necessari a variare landamento del rimbalzo.. Se si ottimizzano questi tre settori, si ha bisogno di creare molta meno energia perché la si spende meglio. Il rapporto poi di spinta tra il secondo e terzo settore potrà creare quella variazione continua di profondità, pressione, rotazione, così necessaria per il giocatore del nuovo millennio. Come dicevo prima: un Tennis di qualità pittosto che di quantità. Devo chiarire che questa mia visione tecnica nasce dalla profonda esperienza maturata nel Tennis giocato di anticipo. Non sono un tecnico adatto per giocatori che amano confrontarsi rimanendo fuori dalla linea del campo così come ai principianti. Il mio gioco si basa su una serie di punti fermi: Sfruttare i tempi morti preparandosi, ridurre le aperture e i gesti indietro, ampliare quello che si fa avanti, utilizzare la velocità e il peso della pallina sul rimbalzo, scaricare il peso del proprio corpo, gestire ed ottimizzare lentrata, lo stare e luscita dalla palla. (Alexis si alza e mima i gesti in sincronia con le parole, appare sicuro e molto convincente nelle sue teorie). Poi ci sono le leve - continua a spiegare - abbiamo una lunga leva che parte dallomero e termina sul manico della racchetta. Utilizziamola completamente se vogliamo giocare lungo. Gomito e polso andranno bene per incrociati stretti. Soprattutto quello che continuo a ripetere è che bisogna capire che non è importantissimo quanto veloce viaggi la palla ma quanto prima torna al nostro avversario. Dobbiamo farla rimanere in aria molto, con una parabola tesa che abbia poca bombatura. Il braccio ci servirà per dirigere, per decidere la profondità e la rotazione. Per spingere invece,
dovremo sfruttare il rimbalzo della palla ed aggiungere il peso del nostro
corpo ragionando sul concetto principale previsto da questo tipo di Tennis:
unire nella fase gestuale il movimento del braccio con il passo o il salto
verso la pallina. Insomma, un Tennis dinamico e non statico condotto con
questa filosofia: ogni colpo un passo avanti dentro al campo. In Italia, bisognerebbe cambiare troppe cose nella mentalità. Al mio ritorno dagli Stati Uniti per esempio, ho riscontrato moltissime difficoltà create da invidie e timori, dai paletti e dalle tante critiche. Tutti passaggi obbligati. Gli addetti ai lavori, non accettavano assolutamente questa mia scelta di imparare dai più grandi e di farlo autonomamente, come un cane sciolto. Criticavano me e Nick Bollettieri per il gioco che insegnava, per i metodi e per tantissime sciocchezze. Poi abbiamo dimostrato il nostro valore e tutti si sono rimangiati ogni cosa. Sono state comunque tensioni utili, mi hanno aiutato a formare il carattere e anche un pò cambiato, perché le cattiverie ti modificano anche se non lo vorresti. Poi con il tempo si comprende meglio e ci si rende conto di quello che si è riusciti a fare e si è grati ai momenti bui che ti hanno fatto diventare un uomo migliore. Alla fine, io volevo imparare il meglio dai migliori e così è stato. Ho avuto poi un buon amico con cui ho condiviso alcune idee e progetti, la voglia di realizzare qualcosa che rimanesse nel tempo, una struttura sportiva che portasse il mio nome (Enrico Alexis Sports Academy, la struttura sportiva di Alexis, ndr). Per me è come un padre. Insieme abbiamo avviato un progetto molto stimolante, la conversione di una grande area da monotematica con il solo gioco del Tennis a diversificata, come espressione di quello che ognuno di noi ha dentro quando si muove, quando compete e quando si allena. Nel frattempo le cose in Italia sono cambiate, la Federazione Italiana
Tennis ha culminato una lunghissima serie di errori gestionali come dicevo
prima, di chiusura totale verso ogni evoluzione tecnica e di continua
ostinazione a non volersi rinnovare. Così facendo hanno completamente
distrutto il Tennis. E non sono i soli, tutte le loro pessime qualità
sono comuni anche in alcune pubbliche amministrazioni con cui ho dovuto
interfacciarmi. Dove in fondo poi, dellidea, della passione, della
disponibilità economica ad investire non importa nulla. Alla fine
cè solo un continuo desiderio di interessi personali dichiarati
o fatti capire, una completa ignoranza culturale e professionale a gestire
progetti e una arroganza da padre padrone stile prima democrazia,
veramente irritante ed inconcepibile per funzionari pubblici e per i tempi
in cui viviamo. Un completo disastro sotto tutti i punti di vista. Ho voglia di girare ancora
tanto il mondo per cogliere lanimo delle persone, le loro quotidianità,
i loro paesaggi e il modo di vivere. E come una grande università
di vita, dove più giri e più cresci dentro, con i vantaggi
e gli svantaggi che tutto questo porta: ti si apre il cuore e diventi
ogni volta un po più diverso. Viaggiare è una bellissima
scuola di vita che sono onorato di aver fatto. Ho tantissimi progetti
da realizzare, completare la Enrico Alexis Sports Academy in ogni sua
divisione sportiva e poi altre attività a cui sono molto affascinato. |
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